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mercoledì 11 aprile 2012

Quanto costa uccidere un civile?

Quanto costa uccidere un civile afgano? Dipende. Se l'uccisione si verifica in situazioni di non combattimento (no combat situation) ed è perciò imputabile a comportamenti errati, sia di un solo soldato sia dell'intera unità, allora le famiglie delle vittime avranno diritto ad un semplice indennizzo militare. Nel caso specifico della strage di Kandahar dell'11 marzo scorso, l'amministrazione americana ha sborsato 50.000 dollari per ogni vittima del sergente Robert Bales: 17 in tutto, compreso il feto di una donna incinta. Una somma giudicata dieci volte maggiore rispetto alle cifre irrisorie che abitualmente l'esercito americano versa alle famiglie delle vittime. In passato, i parenti incassavano dai 3.000 ai 4.000 dollari. Non un cent in più.

In termini economici, vale di più un civile ucciso in battaglia, che non la vittima di un raptus omicida? Secondo le regole del sistema militare statunitense, sì. Fin dai tempi dell'invasione in Iraq, nel 2003, il problema di come risarcire le vittime del conflitto è apparso sempre più spinoso. Come risolvere l'impiccio? Con la creazione di appositi uffici legali dove i civili che hanno subìto un danno da parte dei soldati possono presentare relativa documentazione e chiedere un risarcimento. Ma la questione risulta molto più complessa. Non tutte le parti lese possono avvalersi di questo diritto.

Innanzitutto, occorre fare una distinzione in base alle modalità di uccisione. Se la vittima viene coinvolta, suo malgrado, nei combattimenti e perde la vita, allora la famiglia di appartenenza ha diritto ad avanzare una richiesta di rimborso "per doglianza" (solatia payment) del valore economico di 2.500 dollari. A stabilirlo è la legge Foreign Claims Act (FCA) inserita nel volume 10 del Codice degli Stati Uniti, sezione 2734. Il cosiddetto "solatia" viene erogato nel caso in cui la vittima civile sia caduta sotto il fuoco incrociato delle parti in conflitto, e laddove sia evidente il rispetto delle regole d'ingaggio militari. Una volta appurato che la morte del civile sia un effetto collaterale del conflitto, allora la sua famiglia potrà ottenere una somma simbolica. Ad esempio, se un civile viene investito da un mezzo militare, i parenti più stretti possono presentare la domanda di "solatia payment".

Tuttavia, anche il sistema di risarcimenti e indennizzi mostra dei forti limiti. Non vi è obbligo di risarcimento: tutto è riconducibile alla discrezione degli alti ufficiali dell'unità militare. I soldi erogati non devono essere considerati al pari di un risarcimento tout-court, né la loro accettazione deve precludere il proseguimenti della causa. Il principio alla base è semplice: i pagamenti volontari ex-solatia costituiscono espressioni di solidarietà e cordoglio che si basano sulla cultura e i costumi locali, non un ammissione di colpa e di responsabilità. È proprio qui che si riscontrano limiti e paradossi.

Esiste un metro di misura per stabilire la natura delle uccisioni in guerra? A quanto sembra si. Il Pentagono ha stabilito un vero e proprio tariffario, che varia a seconda della gravità dei danni subiti. Il tetto massimo è di 2.500 dollari, per coprire lesioni fisiche, perdite o danneggiamenti di beni. Ma le cifre possono variare. Si va dai 1.000 dollari per le lesioni gravi ai 500 dollari per i danni materiali. In casi rari, ma anche qui è necessario avvalersi della discrezione di un comandante di divisione, si può arrivare a sborsare 10.000 dollari.

Nell'elenco delle modalità di pagamento rientrano attualmente anche i "pagamenti per i martiri", che coprono la morte dei membri dell'esercito, degli ufficiali di polizia o dei civili impiegati dal governo, uccisi da azioni congiunte delle forze armate Usa o di quelle della coalizione. Ma come funziona la richiesta di risarcimento danni? L'iter non sempre è chiaro. I parenti delle vittime devono rivolgersi agli uffici legali CMOC (Civilian Military Operation Center) dove è possibile depositare una denuncia presso il Foreign Claim Commission composto generalmente da uno o tre avvocati e giudici. A loro spetta il compito di stabilire la somma del risarcimento variabile fino a 50.000 dollari. Ma non sempre chi si rivolge al CMOC riesce ad individuare l'ufficio di competenza e capire quali documenti devono essere presenti.

Oltre alla complicata burocrazia, bisogna fare i conti con le difficoltà linguistiche: la lingua ufficiale è l'inglese, incomprensibile alla maggior parte degli afgani. Non esistono al momento traduzioni in arabo, pashtu o persiano delle linee guida che compongono il Foreign Claim Act e non si trovano materiali informativi sulle procedure. A tutto ciò si aggiunge il limite temporale: le azioni legali devono essere presentate entro due anni dall'accaduto.

L'intricato sistema di risarcimenti e indennizzi ha preso avvio nel 2003 con l'inizio della guerra in Iraq, poi si è estesa alle vittime del conflitto afgano. Nel caso dell'Iraq, i fondi destinati al risarcimento provenivano dalle immense ricchezze sequestrate a Saddam Hussein. Per quanto riguarda l'Afghanistan, i pagamenti partono tutti dal Cerp ( Commander's Emergency Response Program), un fondo statunitense con il compito di incentivare progetti di sviluppo in territorio afgano.

Non soltanto gli Usa hanno creato un sistema complesso di rimborsi per le vittime della guerra. Un rapporto pubblicato nel 2011 da un organizzazione non governativa con sede a Washington (CIVIC), ha posto l'accento sui "prezzi" stabiliti in altri Paesi, come la Gran Bretagna e la Germania. Le forze britanniche hanno versato in rimborsi somme che vanno dai 210 fino ai 7000 dollari, mentre il comando militare tedesco per l'uccisione di tre civile a un check point ha versato 20.000 dollari in contanti più un automobile del valore di 5.000 dollari. Anche l'Italia ha fatto la sua parte. Per l'uccisione di una ragazza di 14 anni, consegnò nel 2009 20.000 euro alla famiglia della vittima. Tuttavia, il dubbio funzionamento del sistema di indennizzi non ha fatto altro che incentivare, e sempre più spesso inasprire, il clima di impunità tra le truppe schierate in territorio afgano.

opinione.it
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